Chiesa di San Domenico a L'Aquila

Chiesa di San Domenico

Comune:  L'Aquila
Come arrivare:  A24 RM-TE uscita L'Aquila da Napoli: A1 NA-RM uscita Caianello/ seguire indicazioni per Castel di Sangro/ Roccaraso/ Sulmona/ L'Aquila
Notizie:  La chiesa di San Domenico rientra in un vasto complesso architettonico del quale fanno parte un convento con annessi due chiostri, questi, appoggiati ortogonalmente al prospetto laterale della chiesa a formare con il suo fronte principale piazza Angioina. L'edificio nacque con il titolo di Santa Maria Maddalena, titolazione derivatagli dall'adempimento di un voto espresso da Carlo d'Angiò, per volere del quale la chiesa sarebbe stata fondata nel 1309; successivamente venne dedicata a San Domenico a seguito della presa di possesso da parte dei padri predicatori. L'organismo si inserisce nella serie di quelle strutture preesistenti a più navate adeguate in Barocco in seguito alle opere di ristrutturazione e di ricostruzione conseguenti al terremoto del 1703. Dall'impostazione architettonica appartenente al periodo di fondazione si distinguono in maniera piuttosto evidente gli interventi settecenteschi come le sopraelevazioni lasciate scoperte. La chiesa, con la sua imponente struttura longitudinale a croce latina, presenta due ingressi, quello principale, con grande portale romanico e due finestre circolari prive di ruota, quello secondario, posto sul braccio destro del transetto, con altrettanto grandioso portale ogivale e finestre sovrastanti. La pianta, con le sue tre navate, il transetto e l'impianto absidale, è dunque di origine trecentesca, mentre gli interni si presentano nella loro solenne veste conferita dal rifacimento barocco, fatta eccezione per alcune strutture medievali lasciate a testimonianza dei posteri dalle maestranze settecentesche, tra cui parte delle absidi trecentesche interne. Il sisma del 2 febbraio 1703, come anticipato, colpì anche San Domenico e, oltre al massacro di ben 600 persone, causò la perdita di uno dei più preziosi interni medievali della città: crollarono tutto l'impianto interno, il soffitto, il braccio sinistro del transetto e le volte delle absidi. Ne risultò la necessità di una radicale riprogettazione e conseguente ricostruzione del maestoso spazio rimasto pressoché vuoto.
I lavori iniziarono circa dieci anno dopo il terremoto e furono impostati su un modello indipendente da quello gesuitico di tipo cellulare alternato, che veniva generalmente adottato nella ricostruzione settecentesca delle altre chiese della città. La soluzione scelta dai frati predicatori fu quella di un ampio spazio basilicale scandito da due serie parallele di arcate arricchite da paraste corinzie. Lo spazio superiore della navata centrale è definito da un'alta trabeazione dalla quale si eleva una volte a botte forata da lunette illuminate; le navi laterali sono invece coperte con volte a calotta e conducono otticamente alle aperture delle cappelle poste ai lati dell'abside. Il risultato è uno spazioso ambiente unitario nel quale la successione ordinata delle strutture longitudinali evita qualsiasi tipo di interruzione. A superare questa impostazione tendenzialmente classica delle strutture è l'ampia serie di decorazioni spiccatamente barocche che arricchiscono e movimentano gli interni attraverso i medaglioni posti a coronamento delle arcate, le riquadrature delle volte, le incorniciature di porte e finestre e gli altari. Secondo il Leosini (Leosini A., 1848) l'edificio sarebbe frutto del "disegno del milanese Piazzola, esimio architetto e operatore di begli stucchi". Alcuni dubbi in proposito sono stati avanzati dall'Antonini (Antonini O., 2004) il quale precisa che non esistono documenti a sostegno di tale attribuzione, che dovrebbe pertanto fondarsi sulla tradizione, e che anche da un confronto stilistico con altre strutture architettoniche attribuite al Piazzola non emergerebbero elementi comuni col San Domenico. Seguendo la tesi dell'Antonini, dunque, il Piazzola si sarebbe limitato al rivestimento plastico di una struttura architettonica ideata da altro architetto. In effetti si sa che il progetto strutturale, pronto già nel 1709, fu ideato da un architetto romano, del quale non è però specificato il nome, ma che dall'impostazione d'impianto sarebbe riconducibile alla cerchia dei progettisti romani che contribuirono alla ricostruzione dell'intera città dopo il terremoto del 1703. Attualmente il tempio è stato recuperato come centro culturale e la maggior parte dei dipinti in esso contenuti sono oggi conservati nel Museo Nazionale d'Abruzzo, tra questi degni di nota un S. Vincenzo di Ferreri e una S. Caterina da Siena di Girolamo Cenatiempo, Carlo d'Angiò ai piedi della Vegine e S. Tommaso d'Aquino di Vincenzo Damini; S. Giacomo Apostolo di Giulio Cesare Bedeschini e la Madonna del Rosario di Saturnino Gatti del 1511.
Informazioni:  Curia Diocesana L'Aquila tel. 0862-23165 Ufficio Promozione Culturale Città di L'Aquila tel.0862-645356
 
Stato di agibilità:  Inagibile
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