Chiesa di Gesù e Maria a Pescocostanzo

Chiesa di Gesu' e Maria

Comune:  Pescocostanzo
Come arrivare:  A24/A25 RM-PE uscita Sulmona-Pratola Peligna/ proseguire lungo la SS 17 direzione Roccaraso/ Rivisondoli/ Pescocostanzo da Napoli: A1 NA-RM uscita Caianello/ seguire indicazioni per Castel di Sangro/ Roccaraso/ Rivisondoli/ Pescocostanzo
Notizie:  La chiesa di Gesù e Maria con annesso convento fu voluta dalla comunità di pescolani nel 1611, al fine di ospitare nel paese una comunità di frati francescani. Sicuramente l'esito attuale è diverso dal progetto originario. Da un disegno del 1715 possiamo desumere quale fosse all'epoca la struttura esterna, che presentava un portico antistante la facciata, un'unica finestra centrale ed un tetto a falde. Il prospetto attuale, a terminazione orizzontale, è stato ricostruito nel 1855 conservando come unico elemento originale la finestra superiore. Esso presenta il tipico contrasto cromatico dato dall'utilizzo di una pietra diversa, liscia e chiara nelle modanature e nelle lesene, scura e grezza nel fondo. Il portale presenta un elemento tipicamente fanzaghiano, il timpano spezzato, che si ripete anche nella finestra in alto. A destra della facciata ed esterno ad essa è il campanile tronco, a base rettangolare. All'interno la chiesa presenta una navata unica terminante in un presbiterio rialzato dalla presenza di pochi gradini che, con un andamento curvilineo, creano una separazione tra lo spazio destinato ai fedeli e quello destinato al celebrante. In controfacciata è presente una balconata, elemento molto diffuso nelle chiese a Pescocostanzo; essa poggia su tre archi di diversa ampiezza sorretti da due pilastri quadrati. Sui ogni lato della navata si aprono tre nicchie poco profonde, separate da paraste ioniche dal fusto scanalato, in cui sono posti degli altari.
La copertura è a volta a botte a sesto ribassato con spazi destinati alle finestre che gettano luce all'interno. A dare movimento allo spazio unico della navata è l'alternanza di vuoti e pieni; allo spazio vuoto delle nicchie corrisponde in alto un pieno così come al vuoto delle finestre corrisponde il pieno delle doppie paraste. La chiesa si presenta molto ricca nella decorazione e negli arredi. L'elemento più importante è senza dubbio l'altare maggiore, opera di Cosimo Fanzago, architetto e scultore bergamasco che lavorò a Pescocostanzo tra il 1624 e il 1630. Il disegno di progetto dell'altare, realizzato a matita sanguigna e bistro su carta, è attualmente conservato presso la biblioteca Sabatini a Pescocostanzo. Al progetto del Fanzago corrisponde l'esecuzione materiale del marmoraro napoletano Pietro Barberio, che montò i pezzi venuti da Napoli direttamente sul cantiere, come testimonia un'annotazione a penna sul retro del disegno dell'altare. Imponente e maestoso, l'altare immediatamente attira su di sé l'attenzione del fedele al suo ingresso in chiesa, svolgendo il ruolo di protagonista nello spazio ridotto della chiesa. Esso occupa l'intero spazio absidale nel senso della lunghezza mentre in altezza lascia due ampi spazi laterali per dare respiro alla struttura e luce alla chiesa. Ha funzione di filtro architettonico tra presbiterio e coro. Per questo aspetto il modello di riferimento più vicino è la chiesa di Sant'Agostino a Roma, realizzata negli stessi anni, che vide l'intervento di Gian Lorenzo Bernini. L'analogia più evidente è nell'estensione in senso orizzontale dell'altare fino a toccare le pareti laterali, grazie alla presenza di due portelle. Al modello romano si richiama anche la struttura articolata in un doppio ordine; quello inferiore è articolato in tre fornici e contiene, nelle parti laterali, le porte di accesso al coro e in quella centrale un paliotto e un tabernacolo, posto sullo sfondo di uno spazio aperto che catalizza la luce proveniente dalla finestra absidale. La trabeazione dell'ordine in basso si snoda nel senso della lunghezza incurvandosi al centro in corrispondenza della finestra centrale. La parte superiore presenta una mostra architettonica d'altare che termina in un imponente fastigio superiore e in un timpano spezzato. La principale differenza rispetto all'altare romano è il rapporto tra l'altare e la chiesa. L'altare della chiesa di Gesù e Maria è di forte impatto perché preponderante quasi sproporzionato rispetto alla chiesa piuttosto piccola, quello di Sant'Agostino è invece più adeguato allo spazio e perciò visivamente meno incidente. L'opera fanzaghiana, inoltre, presenta una maggiore coerenza formale tra le parti e una forte integrazione tra apparato architettonico e apparato decorativo, tanto che alcuni elementi scultorei assumono carattere strutturale come nel caso delle volute o dei putti che sostituiscono le mensole dell'arca. L'imponente struttura è animata dalla policromia dei marmi, dalle colonne, dai motivi ornamentali e dai cherubini dell'arca. Tra il progetto del Fanzago e la realizzazione è possibile constatare alcune difformità. I gradini che sollevano l'altare sono un'aggiunta in fase di realizzazione, così come il tabernacolo del 1656, che nel progetto originario era previsto molto più piccolo, e le statue di San Giovanni da Capestrano e San Francesco di Paola, collocate al di sopra delle due porte laterali. L'altare è certamente emblematico dell'originalità e della genialità tipicamente barocca dell'autore. Esso risponde al carattere scenografico dell'architettura barocca, che qui si manifesta nel fatto di accentrare l'attenzione del visitatore sull'altare e in particolar modo sul tabernacolo messo in rilievo dalla luce retrostante. Questa finestra, somigliante ad una serliana, rivela il carattere anticlassico e drammatico del modo di operare del Fanzago, del quale è espressione anche l'idea di affidare ad elementi decorativi, come i putti alati, la funzione di sostegno della struttura. L'effetto di un'illuminazione indiretta è tipico del Barocco e già molto utilizzato nelle chiese romane, da cui lo riprese il Fanzago reinterpretandolo in maniera originale e personale. Quest'apertura, posta al centro dell'altare, è assolutamente innovativa e sembra in contrasto con le regole strutturali, in quanto il peso, che proprio in quel punto dovrebbe scaricarsi, viene dirottato sui lati. Il peso complessivo sembra scaricarsi sulle colonne laterali per lasciare spazio al centro ad un dipinto. L'altare pescolano del Fanzago ha lasciato una traccia profonda nell'ambito artistico locale facendo da modello per le realizzazioni successive per oltre un secolo. E questo anche grazie ad un ambiente artistico e culturale pronto a recepirne l'insegnamento e a tradurlo in una vera e propria scuola pescolana. A sinistra dell'ingresso sta l'altare in pietra fatto costruire nel 1639 da Leonardo Ricciardelli per la propria famiglia. Barocco solo per collocazione temporale, l'altare è ancora legato a forme tradizionali di chiara impronta classico-cinquecentesca, come dimostrano l'adozione della pietra bianca e lo schema compositivo che fa della struttura architettonica una semplice cornice del dipinto centrale. Di diversa fattura è il secondo altare a sinistra, l'altare dell'Immacolata, attribuito, per analogia con l'altare di Sant'Anna della Collegiata, a Giuseppe Cicco. Molto vicino all'altare maggiore (fastigio, timpano spezzato, colonne, cherubino al centro della pala), costituisce un modello fanzaghiano per gli altari di formato ridotto di tutta l'area circostante. Dal punto di vista cromatico evidente è il contrasto con l'altare che lo precede. Alla pietra bianca si sostituiscono i marmi policromi, ma l'effetto cromatico più evidente si manifesta nel paliotto grazie all'accostamento di colori opposti e alla maggiore libertà delle forme. Di fronte all'altare dell'Immacolata è quello di Sant'Anna. Di ispirazione fanzaghiana, esso presenta un andamento molto movimentato. Tutti gli elementi sono molto liberi a partire dal putto posto al centro della pala che sembra librarsi nell'aria con molta leggerezza. La parte più interessante dell'altare è il paliotto in marmo bicolore bianco e nero che, per la precisione e raffinatezza dell'intaglio, si accosta al gusto liberty. Per il suo paliotto va ricordato l'altare di Sant'Antonio, a destra dell'ingresso. Realizzato da Norberto Cicco successivamente all'altare, è sicuramente uno dei più belli tra i tanti paliotti pescolani. Costituito di marmi, pietre dure, cristallo di rocca dipinto, quest'altare tende ad abbandonare l'impianto geometrico per dare maggiore risalto alla rappresentazione naturalistica organizzata in maniera simmetrica. Su uno sfondo scuro si intravede una cornice geometrica completamente avvolta da una coltre di rami, foglie e fiori tra i quali si intravedono numerosi animali nell'atto di cibarsi; insetti, farfalle, uccelli sono i protagonisti della scena. Nella fascia inferiore sono riportate quattro lettere: I, D, R, C, (Incidit delineavit Robertus Ciccus) che sono state identificate come sigla dell'artista.
Iscrizioni:  Sulla fascia inferiore del paliotto dell'altare di Sant'Antonio: I D R C.
 
Informazioni:  Municipio tel. 0864-640003 
 
Stato di agibilità:  Agibile
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